Ferri nelle ossa: si devono togliere?

I «ferri nelle ossa» sono chiamati mezzi di sintesi. Sono fatti di diversi materiali e vengono inseriti per ristabilire la normale funzione delle ossa fratturate, siano gamba, femore, braccio, omero o calcagno. I mezzi di sintesi possono servire anche in altri casi in ortopedia, come ad esempio in alcune operazioni per l’alluce valgo. I mezzi di sintesi si dividono in molte categorie.

Ferri nelle ossa: si devono togliere?

Settembre 20, 2019 0
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Un osso fratturato spesso si traduce in intervento chirurgico, in cui per risolvere la situazione potrebbe rendersi necessario l’inserimento dei cosiddetti mezzi di sintesi, comunemente conosciuti come “ferri nelle ossa”. La scelta di operare viene fatta da sempre più medici ortopedici perché, oggi, il miglioramento delle tecniche di anestesia, il progresso tecnologico dei materiali usati e lo sviluppo generale di nuove tecnologie chirurgiche hanno portato a un miglioramento del risultato finale.

Quali sono i materiali che vengono inseriti nelle ossa?

I “ferri nelle ossa” sono chiamati mezzi di sintesi. Sono fatti di diversi materiali e vengono inseriti per ristabilire la normale funzione delle ossa fratturate, siano gamba, femore, braccio, omero o calcagno. I mezzi di sintesi possono servire anche in altri casi in ortopedia, come ad esempio in alcune operazioni per l’alluce valgo.

I mezzi di sintesi si dividono in molte categorie. Ci sono i Fili metallici o fili di Kirschner (anche detti “K wire” o semplicemente fili K.) che sono appunto dei fili di diverso spessore e forma della punta, che vengono inseriti attraverso la pelle per favorire la sintesi definitiva o temporanea dei frammenti ossei. Fa male estrarre i fili K.? La risposta è no, questi fili hanno come prima caratteristica la loro poca invasività.

Le viti da osso invece sono tra le più conosciute. Sono simili nell’aspetto a quelle della falegnameria, ma hanno ovviamente una tecnologia unica che ne facilita l’inserimento: sono autofilettanti e autoperforanti, di dimensioni variabili e sono cave all’interno per permettere l’inserimento di un filo metallico che fa da guida all’azione di riparazione. In base al tipo di intervento, potrà esserci consigliato di applicare placche ortopediche, che sono stecche metalliche forate che servono a fissare l’osso in più punti con viti, fili o perni.

Gli ultimi due tipi di mezzi di sintesi che vengono utilizzati in medicina ortopedica sono i chiodi endomidollari e il fissatore esterno. I chiodi endomidollari sono un particolare tipo cilindrico di chiodo che può essere inserito all’interno del canale midollare dell’osso e permettono di agevolarne la guarigione nella posizione corretta. Sono sempre più usati in medicina soprattutto nei casi di fratture d’anca.  Con il fissatore esterno invece colleghiamo le parti fratturate con una sorta di “impalcatura”. Sono di forme e dimensioni diverse in base alla zona in cui devono essere inseriti.

La placca e i ferri nelle ossa possono rompersi?

È davvero molto difficile che una placca si possa “rompere”. Accadrebbe se cadessimo ad esempio da una finestra e in quel caso si romperebbe la placca insieme a molte altre cose! Oppure potrebbe succedere in casi particolari, come in presenza di pseudoartrosi, in cui la placca sta in effetti facendo tutto il lavoro al posto dell’osso e quindi non riesce a reggere lo stress.

Rimuovere i ferri dall’osso fa male? Quando vanno tolti i ferri dall’osso?

Togliere i ferri nelle ossa non è una scelta ovvia e deve essere presa con coscienza in base alla situazione. In generale molti mezzi di sintesi non danno alcun problema e quindi non è necessaria la loro rimozione. Quando invece siamo in presenza di: un’infezione, una pseudoartrosi (l’osso non sta guarendo), evidenti problemi meccanici (una vite si è rotta, o un chiodo o una placca si sono sposati), o di dolore non relativo al trauma ma proprio ai ferri nelle ossa, allora si potrà valutare di caso in caso la loro rimozione.

Rimuovere i fili K., i fissatori esterni e i perni di fissaggio, è una pratica frequente che in base ai casi può essere fatta anche in anestesia locale. Le placche del malleolo peroneale invece, sono tra le più rimosse perché si trovano e si sentono proprio sottopelle, quindi è facile che diano fastidio. Una placca nell’omero, al contrario, è difficile che vada rimossa a meno che non sia successo qualcosa.

Sulla rimozione programmata dei mezzi di sintesi, si sta ancora valutando una metodologia unica. Alcuni sostengono che essendo più difficile togliere il ferro dalle ossa che inserirlo, sia meglio non rischiare. Ma nei casi in cui ci siano pazienti giovani la possibilità – ancora non dimostrata – che l’osso corra più rischi di rompersi se ha un chiodo al suo interno sta portando a una rottura sulla tematica. In base alle situazioni sarà possibile valutare le opzioni, ma bisogna comunque chiarire che si parla di interventi chirurgici che per loro natura ci espongono sempre a dei rischi pre e post-operatori.

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