
Un dolore a livello inguinale o nell’interno coscia, sorto all’improvviso e che tende a diventare più acuto con sforzi e movimenti bruschi, fino a compromettere alcune delle attività più semplici, come alzarsi dal letto, camminare, salire e scendere le scale. Potrebbe trattarsi di pubalgia o sindrome retto-adduttoria, una sindrome dolorosa che interessa la zona pubica. Questa patologia insorge spesso negli sportivi, calciatori, schermidori, tennisti, ballerini e in generale negli sportivi che svolgono un grande lavoro sulle gambe, ma non solo. Anche le donne in dolce attesa e i soggetti che non fanno sport possono esserne colpiti.
Di seguito troverai importanti informazioni sulla sindrome, analizzando la complessa composizione della zona pubica e, di conseguenza, le sue possibili cause di insorgenza e i diversi sintomi correlati, ed indicazioni utili sulla diagnosi e il trattamento della patologia.
Che cos’è la pubalgia?
Cosa sia la pubalgia ce lo dice, in realtà, il termine stesso. Questo è composto da “pube”, inteso come zona pubica, e “algia”, un termine utilizzato in medicina per indicare un dolore localizzato. La pubalgia è quindi una sindrome dolorosa localizzata al livello inguinale, pubico e sulla fascia interna delle cosce. Può avere diverse cause, proprio perché la regione anatomica interessata è ricca di muscoli e legamenti. Per questo motivo è necessario prima fare un breve ripasso di anatomia.
A livello anatomico il pube è un osso che fa parte delle ossa del bacino. Più precisamente si collega alla parte inferiore dell’ileo. È formato strutturalmente, partendo dall’alto, da un ramo superiore o ileo-pubico (è la sua parte superiore collegata all’ileo), che contribuisce alla formazione del foro otturatorio e dell’acetabolo. È rivestito esternamente dal muscolo adduttore lungo, il muscolo otturatore esterno, il muscolo adduttore breve e il muscolo gracile. Scendendo verso il basso troviamo il corpo anteriore del pube, una porzione larga e piatta, che si trova tra il ramo superiore ed il ramo inferiore del pube. Infine, troviamo il ramo inferiore o ischio-pubico, che si trova nella porzione inferiore dell’osso pubico, cui sono collegati numerosi fasci dei muscoli adduttori della coscia.
I muscoli adduttori della coscia sopra citati, sono muscoli che hanno la loro origine a livello pubico e si inseriscono a diversi livelli della coscia, e hanno la funzione di addurre la gamba, ossia portarla verso la linea mediana del corpo.
Le due ossa pubiche sono collegate tra loro da un’articolazione che si chiama sinfisi pubica. L’articolazione è protetta da un disco di fibrocartilagine e saldata da una serie di legamenti: il legamento pubico anteriore, il legamento pubico superiore e il legamento arcuato.
Quali sono le cause?
La pubalgia può avere molteplici cause proprio perché la regione anatomica è estremamente complessa. In linea generale, è comune che si verifichi in seguito a sforzo eccessivo e costante di una determinata zona del corpo che comporta dei microtraumi ripetuti. Sforzi eccessivi, movimenti improvvisi e violenti, cambi improvvisi di direzione e torsioni eccessive possono portare a sviluppare microtraumi che portano a pubalgia.
Nello specifico, possiamo classificare le cause della pubalgia in tre macrocategorie:
- tendinopatia inserzionale: in questo caso la sindrome è causata da microtraumi ripetuti a carico dei muscoli adduttori della coscia e dei muscoli addominali. Tale condizione genera infiammazione degli stessi.
- sindrome sinfisaria: anche in questo caso la causa è da rintracciarsi in microtraumi che colpiscono, però, l’articolazione della sinfisi pubica, generando una condizione di instabilità del bacino. Questa è una condizione tipica delle donne in gravidanza, per cui i cambiamenti e le alterazioni che subisce la futura mamma durante la crescita del pancione provoca un cedimento della sinfisi pubica.
- sindrome della guaina del retto addominale o del nervo perforante del retto addominale: tale sindrome è chiamata anche “del calciatore”. È causata per lo più da una tensione eccessiva che provoca stiramento e compressione del nervo del retto addominale.
In casi più rari la pubalgia può essere causata da altri fattori, come dismetria e artrosi dell’anca e degli arti inferiori, patologie della schiena, disfunzione dei muscoli addominali e adduttori della coscia, disfunzioni urinarie e genitali o malattie infettive.
Il pube, inoltre, è un punto in cui passano terminazioni vascolo nervose che interessano la sfera urogenitale. Talvolta la pubalgia può verificarsi come conseguenza di una disfunzione del muscolo pubococcigeo, che controlla la contenzione urinaria e sessuale, portando a dispareunia, ossia dolore durante il rapporto sessuale nella donna ed eiaculazione precoce nell’uomo.
Quali sono i sintomi della pubalgia?
La pubalgia si presenta con dolore muscolo-tendineo nella zona pubico-inguinale, un dolore irradiato all’interno della coscia e un più raro dolore al fianco. Il dolore può coinvolgere anche gli organi genitali. Talvolta al sintomo di dolore si può associare tenesmo vescicale, ossia la sensazione di non svuotamento vescicale, che può portare il paziente ad andare ripetutamente ad urinare anche se la vescica è vuota.
Nei casi più lievi i sintomi si presentano spesso improvvisamente, si avvertono soprattutto al mattino e tendono a diminuire con il semplice moto o con l’attività fisica che riscalda il muscolo. Proprio per questa sua natura, la percezione di “stare meglio” facendo attività può far cadere nell’errore di pensare che continuare a muoversi sia una buona idea. Al contrario, sarebbe assolutamente necessario stare a riposo per non peggiorare il proprio quadro clinico. Nei casi più gravi, invece, il dolore è continuo e si acutizza con il movimento, specie con movimenti bruschi. La muscolatura tende a risultare contratta e si prova dolore alla palpazione. In questo stadio il dolore può essere talmente forte da rendere difficile lo svolgimento delle attività quotidiane più semplici, come alzarsi dal letto, camminare o salire e scendere le scale.
Quando si presenta, la patologia ha una forte tendenza a cronicizzarsi. La cronicizzazione rende maggiormente difficile il trattamento, per cui rivolgersi immediatamente ad un medico specialista quando compaiono i primi sintomi può fare davvero la differenza.
Come si diagnostica la pubalgia?
Come anticipato, è altamente consigliato rivolgersi immediatamente ad uno specialista, solitamente il fisiatra o l’ortopedico, al presentarsi dei primi sintomi di dolore a livello pubico-inguinale, per individuare subito la natura del dolore ed eventualmente iniziare subito con la terapia.
In prima istanza si procede con un’accurata anamnesi, al fine di comprendere lo stile di vita e le abitudini del paziente, e se ci sono stati episodi traumatici che possono aver portato alla sindrome. Successivamente, si procederà con l’esame obiettivo attraverso rapidi e semplici test muscolari.
Per escludere altre patologie come quelle testicolari, contratture o strappi muscolari ed ernie, è possibile che il medico prescriva al paziente test di imaging di approfondimento, come ecografia, risonanza o radiografia del bacino.
Tra i test strumentali utilizzati, la risonanza magnetica è sicuramente la più completa e utile, in quanto permette di avere informazioni dettagliate sia sulla condizione delle ossa che su strutture muscolari e tendinee coinvolte.
Come curare la pubalgia?
Al manifestarsi dei primi sintomi di dolore, in prima battuta è consigliato interrompere ogni attività fisica che potrebbe seriamente aggravare l’infiammazione, rendendone più difficile il trattamento.
Inizialmente possono essere prescritti dei farmaci come pomate antinfiammatorie e antidolorifici che possono aiutare a gestire il dolore, specie nelle sue fasi acute, ma di certo non si rivelano utili per curare la patologia agendo sulle sue cause. Ai farmaci tradizionali possono essere accompagnati dei rimedi naturali come pomate a base di curcuma, zenzero e arnica, che hanno delle proprietà antinfiammatorie.
Successivamente, bisognerà procedere con una cura fisioterapica, rivolgendosi ad un centro di fisioterapia specializzato. La prima fase del trattamento fisioterapico mira a tener sotto controllo il dolore e l’infiammazione, attraverso elettromedicali come la tecarterapia, la laserterapia e altre terapie strumentali come onde d’urto o ultrasuoni.
Una volta gestita in questo modo la fase acuta, a fianco del fisioterapista si preparerà un programma di terapie manuali che possano favorire il ritorno alle attività quotidiane grazie a programmi di rinforzo muscolare, ginnastica posturale e propriocettiva. In particolare, la ginnastica propriocettiva permette di avere una migliore percezione dell’impatto del proprio corpo con il terreno e di rispondere adeguatamente ai microtraumi a cui il corpo viene sottoposto durante, per esempio, un’attività sportiva intensa. Pensiamo agli scatti, i salti, gli arresti improvvisi che chi pratica sport a livello agonistico subisce costantemente. Con questo tipo di ginnastica si impara come ammorbidirne l’effetto sull’apparato muscolo-tendineo.
Ad ogni modo, risulta fondamentale rivolgersi a professionisti adeguatamente formati che possano sviluppare un trattamento personalizzato per ogni singolo paziente al fine di ridurre l’impatto della sindrome sulla vita quotidiana e di prevenire le recidive.